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Un incontro tra idoli politeisti, altari multicolori, alieni sottovetro e immagini umane che sembrano essere i veri alieni, durante il making of dell’ultima personale dell’artista italo argentino.
Divinità, alieni e altri, mi spieghi cosa significano per te?

Innanzitutto le divinità e gli alieni condividono una genesi simile, nel senso che sono entrambi rappresentazioni di esseri che crediamo esistere, ma che non abbiamo mai visto. Ma sono soprattutto scuse per parlare dell’Altro in generale, cioè chiunque consideriamo significativamente diverso da noi per una qualche ragione. In inglese la parola alien significa sia alieno sia straniero. Gli alieni li utilizzo in un esercizio ironico d’inversione di ruoli. Sono loro che mostrano ai propri simili reperti fotografici degli esotici abitanti del pianeta Terra. Come verremmo “letti” noi se osservati da occhi alieni? Mentre attraverso l’accostamento di divinità appartenenti a tempi e culture distanti tra loro mi interrogo sugli assolutismi, sui dogma. Il multiculturalismo è uno dei tanti effetti collaterali della globalizzazione, non si sfugge. Bisogna cercare l’anima comune dei diversi credo, nascosta sotto a tuniche di colori diversi.
Qual’é il medium che ti è più vicino?
La risposta varia nel tempo, per anni avrei detto la pittura, senza esitazione, poi il video, ultimamente produco soprattutto sculture. Ogni serie di lavori rappresenta anche l’avvicinamento al medium utilizzato. E credo che sia proprio quando lo sento più vicino a me di ogni altro che inizio ad allontanarmene, almeno temporaneamente. Il processo di scoperta e apprendimento è fondamentale nel mio modo di lavorare, è parte delle opere stesse. È in territori sconosciuti dove si fanno gli incontri più interessanti.
La tua poetica?
Credo che la mia poetica sia rendermi difficile stabilire quale sia la mia poetica. Sono sospettoso delle poetiche, dei manifesti. La stessa ragione per cui non mi farei mai un tatuaggio, non approvo le scelte definitive, credo che tutto sia relativo e mutabile. Una poetica implica confinamento, io preferisco sconfinare nei temi e nei linguaggi, dedicandomi a ciò che mantiene vivo il mio interesse e non a ciò che a un certo punto ho scelto come il mio campo, la mia poetica. Tutto e il suo contrario, niente di più specifico.
Mi racconti la tua ultima mostra, com’è nata e come si sviluppa?
La mia ultima mostra inaugura il 23 Novembre a Milano nella galleria Ottozoo, ho appena finito di allestirla. Direi che è nata dall’incontro con Francesca Guerrizio e Maurizio Azzali, i galleristi, con cui abbiamo avuto da subito un buon dialogo. Ho presentato per la prima volta in galleria la nuova serie Aliens, accostandola ai diversi lavori che compongono I Believe in God, cioè video, fotografie, altari e istallazioni. Ha un feeling da Wunderkammer globalizzata, con le campane di vetro che proteggono i vari cimeli, l’inginocchiatoio per pregare divinità multiple, la grande scritta I believe in God formata da vecchie lettere tutte diverse, come una lettera di riscatto. Questa volta poi ho istallato il mio intero panteon di centinaia di divinità che ha sempre abitato il mio studio, senza mai lasciarlo. Una preghiera collettiva formata da voci contrastanti e multicolori, ma che sembrano urlare per lo stesso motivo: sbugiardare la morte.
Con quale artista (a 360°) ti piacerebbe collaborare, se esiste?
Esagererò e te ne dirò tre: Candice Breitz, Sophie Calle, Christian Jankowski.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Sono due i progetti che più mi stanno a cuore in questo momento. Uno è la God Machine, una sorta di jukebox spirituale, di distributore di fede da luogo pubblico. In cambio di un’offerta libera, una monetina di qualsiasi valore e valuta, si può scegliere tra otto altari di religioni diverse. Una volta premuto il bottone, l’altare prescelto apparirà per un paio di minuti a una finestrella, illuminandosi, accompagnato da musica sacra. L’avventore potrà pregare il suo dio e continuare per la sua strada. L’altro progetto è un romanzo a cui sto lavorando da qualche anno e che presto finalmente uscirà. Le avventure tragicomiche di un italiano che parte per New York carico di sogni di grandezza, e dovrà presto affrontare la realtà di una grande metropoli che se ne strafrega di lui, ma che lo farà diventare adulto.

 

sebastiano mauri by federica tattoli, pizza magazine 2011