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Quando finalmente Martino, il protagonista di Goditi il problema (Rizzoli), riesce a far partire il suo primo film – una specie di New York Stories nel quale lui si identifica con Woody Allen («pura nevrosi, perfetto per me») – il titolo che sceglierà insieme agli amici e colleghi registi sarà Vertical City. Perché ognuno di loro dovrà occuparsi di uno strato diverso di Manhattan, il cielo dove volano gli elicotteri di penthouse in penthouse, la giungla metropolitana e il sottosuolo, dove abita la comunità degli uomini talpa. Ma Vertical City sembra anche una promessa ossimorica, uno scarto in grado di affrancarlo dal suo destino: nonostante lo psicanalista che anziché prendere appunti durante le sedute disegna incessantemente gnomi sul suo quaderno, nonostante la famiglia di origine, che gestisce il b&b di lusso Amoreodio, a Loviate (nell’hinterland milanese) riempiendolo di tossici e disperati, nonostante la sua vita sembri segnata da una verticalità nevrotica e disperata, Martino sarà leggero e felice, scivolerà sulla superficie scintillante dell’esistenza. E così lo scrittore. Sebastiano Mauri (figlio di Achille, presidente delle Messaggerie italiane) azzecca uno stile in equilibrio perfetto tra comicità e malinconia, intelligenza e candida stoltezza, molto inconsueto nella tradizione della narrativa italiana. Goditi il problema è un romanzo di formazione – c’è un coming out – che racconta la nostra nuovissima angoscia da prestazione, moltiplicata dall’impegno a misurarsi non più soltanto con la propria comunità di origine, ma col mondo. Per affermarsi, bisogna andare in America, sfidare i giganti, combattere contro mostri a tre teste. Tipi come Lance Mayfair, megaproduttore con sede nell’Empire State Building e un ufficio color rosso sangue ingentilito da una collezione di piante carnivore dalle fauci spalancate. Martino, per aver azzeccato casualmente una mossa, finisce assunto e schiavizzato, costretto a diventare il killer che Lance scatena contro i big di Hollywood quando si rendono colpevoli di minuscole diserzioni. Eppure in questo inferno senza tregua, ventiquattro ore su ventiquattro sette giorni su sette compreso il giorno di Natale, il più tenace e pericoloso dei nemici di Martino è un bambino di cinque anni, che un giorno, affogando nello stagno l’amatissima Barbie Malibu, fece una solenne promessa: qualunque cosa accada, non sarò mai omosessuale. Da allora il bambino Martino si è impegnato moltissimo: fidanzandosi con Eva, e andando a letto con la super top ambitissima da tutti quanti. Ha cancellato dalla sua testa il giorno in cui la zia lo vestì da Shirley Temple per portarlo a prendere il gelato, e quanto si sentiva incantevole. Ha rigato dritto fin quando una mattina si è svegliato in un letto tra sconosciuti, in un posto mai visto e senza scarpe, ed è tornato a casa indossando un paio di pantofole a forma di testa di coniglio rosa col tacco. Che diventeranno il suo aiutante magico drag queen alla conquista di una orizzontale e lievissima felicità.

coming out e ironia per conquistare una nuova leggerezza by elena stancanelli, repubblica 2012