E’ uscito il nuovo romanzo di Sebastiano Mauri, “Goditi il problema”, edito da Rizzoli. Un’opera ironica che vuole esorcizzare alcuni passaggi salienti di un’esistenza, veri e propri problemi di natura umana. La storia è una conoscenza progressiva verso un’identità, quella omosessuale, importante e fondamentale nell’essere accolta dal protagonista, Martino. “Goditi il problema” è, quindi, un romanzo di formazione con un finale aperto: l’opera vuole essere un’idea futura di sceneggiatura per un film? Potrebbe, questo, essere uno dei prossimi passaggi dell’autore. L’idea del libro da dove nasce? La storia è nata come se si trattasse di un film. Inizialmente volevano essere avventure newyorkesi. Ho deciso, per la prima volta, di procedere nella scrittura senza avere chiaro quale potesse essere la storia. Il mio approccio è stato A la David Sedaris, scrittore di racconti brevi, nel suo caso autobiografici, molto spiritosi: man mano che si leggono i racconti si forma un romanzo. Trovare un filo conduttore nella storia è stata una forma di terapia per me. Costruendo il racconto di Martino ho potuto rivivere la mia di storia, reinterpretarla. L’approccio di questo romanzo, in specifico, è nato nel giorno in cui una mia amica mi ha letto la citazione di una scrittrice americana, Brenda Ueland, che invitava a scrivere come se tutte le persone che conosci fossero morte. Ho deciso di accettare la sfida. Il titolo, perché? Goditi il problema. È tratto da uno dei titoli dei capitoli del libro: “Dimenticati della soluzione e goditi il problema”. Vuole essere un invito a capire che spesso ci incaponiamo nel voler risolvere proprio quei problemi che non hanno una soluzione, mentre dovremmo imparare a conoscerli, e addirittura riuscire a goderceli. E se s’impara a godersi un problema, beh, allora, almeno in parte, cessa di esserlo. Oscar Pistorius, il campione paralimpico, è un buon esempio di qualcuno che ha imparato a godersi il problema. Il suo problema, quindi, è quello di essere gay? Sì, per Martino, il protagonista del romanzo, lo è fino a che non impara a conoscerlo, e così esorcizzarlo. Il lavoro e la fase di stesura del libro come sono avvenuti? È stato un processo molto lungo, in quanto il libro nasce da una serie di racconti che ho iniziato anni fa, senza sapere che forma avrebbero preso col tempo e perché o per chi li stavo scrivendo. Poi un giorno, in questo studio (dove stiamo facendo l’intervista ndr), la mia attuale agente, Rosaria Carpinelli, li ha letti e le sono piaciuti. Mi ha accompagnato nella seconda parte dell’opera, la stesura della serie completa di racconti. Con lei ho imparato come si scrive un romanzo. Poi è subentrata la casa editrice Rizzoli che ha deciso di accogliere l’opera, ma chiedendomi di unire i racconti in un unicum. La chiusura è stata un lavoro molto più laborioso di quel che avrei creduto, ma ho imparato moltissimo. A quale target hai voluto rivolgerti? Non ho mai pensato in questi termini. Non sono uno scrittore professionista, non mi verrebbe neanche in mente un target preciso. Posso dirti il mio target ideale: un giovane che magari sta sprecando anni della sua vita ad accontentare gli altri, invece di fare contento sé stesso. Ecco vorrei lo leggesse lei o lui. Quali sono state le reazioni da parte del pubblico? Ho avuto nel complesso buone risposte, molte recensioni, sono contento insomma. Mi scrivono lettori gay che si identificano nel percorso di Martino, oppure persone cresciute negli anni settanta che si riconoscono nella descrizione della famiglia fricchettona. Nel complesso, grazie al romanzo, sono entrato in contatto con persone molto diverse tra loro, mi ha fatto piacere. Chi è Martino e come hai costruito la dimensione psicologica e caratteriale di Martino? Martino l’ho scoperto pian piano, racconto per racconto. Il suo profilo psicologico non era premeditato, così come il modo con cui reagiva alle cose, a volte sorprendeva anche me. Gli altri me lo descrivono come un personaggio garbato, io non me ne ero neanche accorto che lo fosse. C’è un contrasto in lui tra l’essere ligio alle proprie promesse da un lato e dall’altro il perdersi nella vita, schiantandosi contro il vento senza paracadute. O pigli qualche ramo in faccia e rischi, o nella vita è difficile avere delle sorprese. Se stai sempre al sicuro risparmierai sui cerotti ma potresti morire di noia. Si può paralre di un romanzo di formazione? Sì, certo, è anche un romanzo di formazione, anche se spazia dall’infanzia di Martino fino a che non ha quasi quarant’anni. Ma è soprattutto un viaggio, lontano da casa, la provincia brianzola, verso New York, la grande metropoli dove tutto è, o almeno appare, possibile. E nella Grande Mela imparerà a conoscere se stesso. È importante vedere la tua casa, le tue abitudini, i tuoi cari da un punto di vista ‘altro’: un altro colore di pelle, un’altra religione, un’altra cultura, un’altra visione insomma. Per capire che tutto può essere messo in discussione. E non c’è neanche bisogno di spostarsi dalla propria scrivania: libri e film offrono viaggi interminabili a chilometro zero. Quali sono i personaggi chiave e i fatti che determineranno l’evoluzione del racconto? L’incidente che da il via simbolico a questa storia è il sacrificio da parte di Martino dell’amata Barbie Malibu sull’altare della normalità, quando la annega nello stagno giurando che non sarebbe mai stato omosessuale. Da così inizio alla sua carriera di “diversamente eterosessuale”. Oltre alla famiglia e il suo temutissimo capo, il megaproduttore cinematografico Lance Mayfair, i personaggi chiave del romanzo sono le persone di cui Martino si innamora: Eva, la compagna di scuola con cui sta per dieci anni, crescendoci insieme, Alejo, l’attore messicano che lo porta a rompere il giuramento sigillato con la morte della Barbie, Sole, la bella donna di mondo con cui sogna la famigliola felice, fino all’ultimo “happy ending” in cui riesce a trovare qualcuno. Il libro lascia, comunque, un finale aperto. Finale aperto, in che senso? La fine rilancia la palla nelle mani del lettore: suggerisce lasciando spazio alla sua immaginazione. Il lato ironico ma anche cinico della struttura narrativa: come procede e come è proceduta la fase di costruzione di una strategia stilistica efficace e incisiva? Non mi sono sforzato per calarmi in un genere piuttosto che un altro, l’ironia è il modo con cui mi trovo a raccontare naturalmente. Poi l’amore omosessuale è per atavica tradizione legato alla tragedia, mentre io trovo che la comicità sia un ottimo strumento per propinarti il dolore, il racconto stesso lo esorcizza. E aggiungerei che aiuta a non prendersi troppo sul serio. Sebastiano, che cosa hai nel cassetto? Mi piacerebbe scrivere il prosieguo delle avventure di Martino Sepe, ho già l’idea d’impostazione per un nuovo romanzo. Mentre ora sto scrivendo un adattamento cinematografico nella speranza di fare un film da Goditi il problema. Molti lettori mi dicono che sarebbe un bel film, vorrei dar loro ragione.
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