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Un sogno che si trasforma in un incubo. Lui che dichiara a un altro lui il suo amore chiedendogli di sposarlo mentre gli porge un anello con uno zaffiro, e un’aquila che piomba sulla coppia per rapire il loro cagnolino e distruggere la scenetta idilliaca.
È questo l’intruso onirico che disturba il sonno di Sebastiano Mauri e che l’autore racconta nel suo pamphlet Il giorno più felice della mia vita. Ogni coppia ha diritto al suo sì (Rizzoli, pagine 192, e 12). Perché lui, omosessuale, affronta il «deserto» dei diritti per quanto riguarda le coppie dello stesso sesso in Italia. E per chiedere a gran voce il matrimonio, come le altre coppie.
L’Italia in questo campo ha una maglia nerissima: è tra i pochi Stati della Ue a non avere in pratica alcuna tutela per i legami omosessuali. E Mauri scrive che per sposarsi «è costretto a chiedere il permesso a 60 milioni di italiani», toccando il tasto dei diritti civili che «non si assegnano a rate o con riserve. Per cui le unioni civili non bastano, implementarli non significa mettere in pratica l’uguaglianza, ma l’apartheid. Ci vuole, dunque, il matrimonio per tutti».
Un libro ricco anche di esperienze personali come l’odio omofobo di cui l’autore stesso è stato vittima con il suo compagno. E Mauri spiega che il pieno riconoscimento dei diritti delle coppie gay favorirebbe anche la crescita economica, perché il Prodotto interno lordo che non è solo la quantità di ricchezza prodotta da un Paese, ma anche la stabilità sociale e la lotta alle discriminazioni che questa ricchezza può garantire. Come ha scritto il bravissimo blogger e videomaker Saverio Tommasi, «i diritti sono come un raggio di sole. Se io mi abbronzo, a te non rubo niente».
Una ventata di razionalità e di ottimismo, la stessa che anima Sebastiano Mauri, il quale non si preoccupa dell’ostracismo della Chiesa cattolica, quando scrive che Bergoglio, «già da arcivescovo di Buenos Aires aveva combattuto la sua battaglia contro le nozze gay in Argentina, ma aveva perso. E dunque è solo questione di tempo anche per l’Italia». In fondo, già nel 1582, il filosofo Michel de Montaigne scrisse: «Noi chiamiamo contro natura quello che avviene contro la consuetudine; non c’è niente se non secondo essa, qualunque cosa sia. Che questa ragione universale e naturale cacci da noi l’errore e lo stupore che ci arreca la novità».

rileggete montaigne e fateci sposare by massimiliano chiavarone, corriere della sera 2015